mercoledì 28 novembre 2007

Luisa Pianzola









Poesie

*

I pensieri si facevano enormi, distesi, ma più si camminava più le gambe
si appiattivano sull’asfalto e i piedi prendevano misure sottili, ridicole
al cospetto dei giganti di viale Sarca. Quando eravamo quasi pulci,
con pensieri rotti dal gran dilatarsi, un attimo prima di dissolverci arrivammo da Marina «che era più grande e non lo sapevamo». Il vero gigante spaccapensieri ci aspettava nell’hangar altissimo più del duomo
e buio come la notte all’ora dei corrieri in pieno giorno. Si poteva toccare
la vastità? Niente somigliava a quel dolore dilatato, nemmeno il video
di sette metri per trenta. Che terrore, sulla pancia di Marina, che sfinimento, «scorderai presto questa grandezza, ma dalle un posto ora, tienila dietro il cancello, dai un nome a questo muro liscio.»

Siamo di nuovo sulla strada. Lei portando gli occhiali leggeva.
Si sentiva il respiro del gigante - la vecchia Breda - e Marina,
o la sua presenza, che lo ammansiva.

(Pubblicata su “Specchio”, 22.04.06. Ispirata alla mostra Balkan Epic, Marina Abramovic, Hangar Bicocca, Milano 2006.)

*

Si vive meglio nel fallimento oscuro, nella caritatevole assenza di illusioni che mette quel sentore sapido tra i denti e la lingua. Da questa posizione, guardando in su, il cielo è un fondo incatramato che ripara, schiaccia verso il basso, insacca nell’ombra. E lì il respiro insiste, la catena massacrante scivola leggera sulle scapole che non sembra vero. Non conviene salire
di grado, non pare bello disseppellire il capo con un colpo astuto della nuca.

*

Nei giardini condominiali vado di sera, fingo di passeggiare con il cane
e mi sorbisco manfrine famigliari, rumori di cose spostate, tapparelle abbassate. Luci in sequenza dalle finestre degli appartamenti.
A volte si sente lo scatto elettrico di un cancello, poi un ragazzo salta
giù dalle scale comuni. Mi piace saperli a tavola, o in soggiorno,
lei che va dove non sa lui, un figlio che gioca sul letto.

(Inedito)

*

Ero un cane in fin di vita.
Ero un cane in un cortile in fin di vita
ma poi venivano le rondini i guardiani
e il cane che ero non moriva

salvavo invece una legione di formiche
(è successo che io, cane che ero, dormivo
e col corpo pesante spiumato sollevato
in un punto proteggevo un nido sotto me
turrito, interrato per poco)

da allora il cane che sono non si muove,
avanza al massimo qualche decimetro sulla
ghiaia. E mi han fatto salvatore, un moribondo
salvatore salvato. E ho terra tutt’attorno,
e campi da guardare.

(da La scena era questa, LietoColle, 2006)


Bio-bibliografia

Luisa Pianzola (Tortona 1960), laureata in storia dell’arte contemporanea, giornalista pubblicista. Dopo i saggi di architettura Alberto Sartoris, da Torino all’Europa (Alberto Greco Editore, Milano 1990) e Prima del Progetto, disegni della formazione di Alberto Sartoris (Sapiens, Milano 1993), ha pubblicato le raccolte di poesia Sul Caramba (Sapiens, Milano 1992), Corpo di G. (LietoColle, Faloppio 2003, prefazione di Maurizio Cucchi), La scena era questa (LietoColle, Faloppio 2006, prefazione di Gianni Turchetta). Cocuratrice dell’edizione 2006 de Il Segreto delle Fragole (LietoColle), sue poesie sono apparse in riviste, antologie e siti di poesia online. È coautrice, con Alberto Mori, del video di suoni, parole e immagini Bíos. Sta lavorando a un nuovo libro di poesia.


Poetica

Si lavora di lima e scalpello per dare forma a scenari sotterranei, mondi paralleli. Che poi, quando si è fortunati, appaiono come lampi di una razionalità superiore (una specie di bizzarra preveggenza, un vederci improvvisamente chiaro).
Nel tempo, ho trasformato la passione per le arti figurative in un progressivo atteggiamento aniconico nei confronti della realtà (credo, per intima reazione al surplus visivo contemporaneo, di origine mediatica, che tende a depotenziare sia il segno che la parola).
È ancora grande l’amore per l’arte, ma lo strumento nudo del linguaggio, con le sue straordinarie capacità di contaminazione e risonanza, mi sembra una sfida più grande.
Con la poesia ci si muove in profondità, come sommozzatori, per riemergere con cristalli leggeri e taglienti che parrebbero non conoscere che la superficie.
Poesia è il centro, è cercare di tenersi legati a un centro.


‘Afinidades’

Milo De Angelis
Vivian Lamarque
Stefano Raimondi
Stefano Massari
Mario Santagostini
Mark Strand
Anna Toscano


Menzionata su questo sito da


Stefano Raimondi