mercoledì 28 novembre 2007

Giuseppe Negro




















Poesie

ORA

“Ora che siamo giunti a questo punto...”
pensammo, e nella circostanza
non poteva trattarsi d’ironia,
“ora che siamo giunti a questo punto...”
(strade rosse davanti,
alle spalle incollati trapezi
di cieli provvisori)
“ora che siamo giunti a questo punto...”
- ma quale? dove?
perché é così indecisa ora la notte,
ora, che siamo giunti a questo punto...?


SIMPATIA

Gli alberi hanno lunghe membra
articolate mani, dita adunche,
resinose, pungenti. Ogni giorno
li abbraccia fino a farsi male,
ne spreme la linfa, se ne nutre
senza saziarsi mai. A primavera
stacca dai rami qualche fiore,
lo annusa nei suoi incubi, al mattino
lo ritrova appassito.
Intanto sulla sua pelle nascono
scaglie di corteccia, ne ritrova
frammenti fra le lenzuola azzurre
- alle orecchie si appende
a pendaglio un rametto di vischio.


DISCORSO SULLA VERITÀ

Raccontare (ora, che pur inclinando
la notte tarda l'alba), raccontare
di viaggi, rotte nautiche, polene
prostrate allo sciacquio,
raccontare - ma a chi, se la taverna
s'è di colpo svuotata? - Allora tace,
trae dalla sacca la sua merce,
la dispone in ordine alfabetico:
la conchiglia, i coralli variopinti,
i sassi colorati. Una domanda
(la verità?) sta sospesa a mezz'aria
- ma qui non c'è più nessuno, non vedi?
qui non c'è più nessuno...



A TIAGO CHE TRADUCE

Caedes: stragi, traduci; e certamente
né Tacito né Cesare potrebbero
dirsi scontenti. Eppure
troppo sottrai alla parola tetra
- nomi atterriti, elenchi smisurati
di carne ed anima, macerie
frantumate di sogni e di esistenze.
Noi, vedi, che passammo sul Calvario
di Milano, di Brescia e di Bologna,
non sappiamo tradurre
con il cuore leggero: sopra il foglio
una traccia si trascina alla parola,
rossa, maligna, sanguina
tra le nostre dita, ci addolora
più che di atroce morte, di silenzio.


DEMOCRAZIA (a Fadhil Ukrufi)

Il vostro dono? Sì… ci raggiunse
inatteso, inaudito,
nel pomeriggio di cicale luminose
all’ombra profumata sotto il glicine,
accanto alla paulonia stellata
- e i versi di Sayyab, mai tanto dolci,
inutili.

Il vostro dono, dunque…
lampo improvviso, rombo
asserragliato su di noi,
e poi Virgilio alla pagina seguente
“timeo Danaos ac dona ferentes”.


ULTIMA CORSA SERALE DEL BATTELLIERE

È tardi, è tardi… Le porte da chiudere,
le luci da spegnere, fredde.
Sul ponte - alla rinfusa -
il bicchiere di plastica,
il giornale, l’odore di macchina,
il cane dallo sguardo affascinato
che abbaiava alle onde,
gli abbracci prolungati,
il bacio che la ragazza ebbe quella sera
acida e luminosa
- lo stesso mistero di quando
a scuola il maestro narrava
di Caronte e dell’obolo, e taceva
del fatto che è mestiere più difficile
traghettare le anime dei vivi.


Nota bio-bibliografica

Giuseppe Negro è nato a San Giorgio Monferrato (AL) il 29 aprile 1951; laureato all’Università di Pavia, vive tra Cittiglio (VA) e Druogno (VB). Ha insegnato per oltre vent’anni nelle scuole del Canton Ticino ed è attualmente ricercatore di storia. Sei sue poesie sono apparse su “L’autore”, n. 6, Firenze 1989.


Poetica

La quotidianità, in ogni momento, ci rimanda ad una trama di relazioni che è spesso sfuggente e che la poesia, col suo sguardo curioso, ci restituisce nella forma di piccola meraviglia. Il tutto senza rinunciare alla lezione della tradizione, recuperando - oltre gli sperimentalismi - la funzione ritmica e pittorica della parola, e senza rinchiudersi nella gabbia dorata del privato.


‘Afinidades’
Roberto Pazzi
Umberto Piersanti
Filippo Finardi
Fabio Pusterla