mercoledì 28 novembre 2007

Caterina Zaira Laskaris



Poesie

Da LUCI LIEVI

I segni

Cammino
sulle mie orme
passate,
hanno un orlo d’argento
e un sentore
di sabbia bagnata.

Seguo
un immobile cielo
bianco
come metallo lavato
opaco
come una tenda tesa.

Mi stendo
e rimiro le cose
scavo un solco
intorno
e vi passo
sottile.

Entrano
come giganti,
come animali leggeri,
come nubi indifferenti
e si posano ovunque
aspettando.


Vetri

Nell’ombra
ho covato
un tesoro
di pezzi di vetro.
Al sole
splendevano
come folgori.
Ho le mani
segnate da tagli.


Da CIÒ CHE NON RIESCO A DESCRIVERE

Il modo della luce

Il verde
nei tramonti
è la mia parte
di arco.
Il tuo piede
è fiammeggiante
e lascia
candide impronte.
Mi sfiori la fronte
con un dito
dall’interno.
Cancelli scrivendo
al modo della luce.


Da LA PAURA NEL DESERTO

*

Gran condanna
quella del visionario.
Vede cristalli
fiorire
e soli rosa nella carne
e quasi l’infinito,
ma anche zanne
di pietra
e un luccicare di falci
nelle mani nude
e l’infinita notte.

*

Camminiamo in bilico sul mondo
(primule elettriche
nei nostri occhi)
e in quel nostro profilo svelto
incerto tra cielo e terra
passo dopo passo,
ombre di una danza
in controluce,
siamo in cerca.

Chiniamo il capo
e cerchiamo.
Alziamo la fronte
e cerchiamo.
Persino quando restiamo immoti
è la danza catturata
che muove le nostre cellule.
C’è troppo spirito
per (re)stare fermi.


Bio-bibliografia

Sono nata a Pavia il 9 agosto 1972. Fin da bambina sono stata affascinata dalla possibilità di scrivere e descrivere, con parole o attraverso immagini e colori. Non riesco a scindere le due cose. Sono forme di una sorta di forza creativa, che pulsa autonomamente e possiede i suoi tempi, le sue stagioni, ma anche la sua costanza.
I miei studi si sono naturalmente indirizzati verso le cosiddette materie umanistiche (Liceo Classico, Laurea in Lettere con indirizzo artistico, Scuola di specializzazione e Dottorato in storia dell’arte), per rispondere, io credo, all’esigenza interiore, mai spenta, di “stare vicino” al mistero della creazione. Mi interessano il meccanismo tecnico-artistico, la lettura percettiva e iconografica delle opere d’arte, il nesso inscindibile tra forma e materia.
Gli scritti cui tengo maggiormente (testi teorici, racconti, raccolte poetiche) sono tutti inediti.


Poetica

Quando fotografo ciò che mi attira, ciò che cerco di fissare è l’ombra nella luce, o quello che si vede al di là di un’apertura, di una cornice, l’oltre illuminato dalla soglia dell’ombra. La potenza di ciò che sta nel profilo della materia.
Quando dipingo il procedimento è simile: la pennellata carica di pigmento lo trasforma in colore, produce un volto o un paesaggio possibile tentando di riprodurre una percezione e un’intuizione interiore.
Penso che già in queste “immagini” sia racchiusa una possibile linea poetica, una linea creativa (ossia di comunicazione tra me e il mondo, interno e circostante), che alimenta anche il mio scrivere: vedere, sentire come creatura in un mondo creato; intuire il margine delle cose in cui si annida il palpito segreto; sondarne l’opacità e la trasparenza; lasciare che sia lo spirito a parlare attraverso la materia, le percezioni e le loro descrizioni; cercare di tradurre l’eco interna alla pelle-guscio percettiva e il filtrare esterno della vibrazione profonda e vitale. La tensione dell’io, che sente profondamente ciò che è “più grande” e che si sforza di esprimerlo, di esprimere la propria esperienza, per condividerne il bagliore.


‘Afinidades’

Alda Merini
Maurizio Cucchi